Rigurgiti Medievali

Nel testo del maxiemendamento, precisamente al nuovo articolo 21-bis, l’esecutivo Lega-M5s ha previsto la reintroduzione nel codice penale del “delitto di esercizio molesto dell’accattonaggio”. Il reato di accattonaggio era stato eliminato nel 1999, dopo che la Corte Costituzionale aveva ravvisato elementi di incostituzionalità nel primo comma, in cui era previsto il carcere fino a 3 mesi per chi “mendica in luogo pubblico o aperto al pubblico”. La Consulta aveva stabilito che non poteva costituire reato la semplice richiesta d’aiuto economico.

Si ritorna al Medioevo!!!

Cosa succedeva nel XV° e XVI° secolo??

Sono andato a riprendere degli articoli ed alcuni studi fatti proprio dagli studiosi della povertà che, oggigiorno si avvalgono di strumenti di analisi statistica, demografica e sociologica, ma all’epoca, nell’Europa di cinquecento anni fa, dei poveri non ci sono tracce, del loro sfortunato e miserabile passaggio sulla terra non ci è stato tramandato nulla, “ una massa amorfa dai contorni mal definiti” così li descrive Bronislaw Geremek storico e politico polacco scomparso una decina di anni fa che dedicò tutti i suoi studi alle categorie più umili.

Gli studiosi come Bronislaw hanno cercato di ricostruire la vita che di questi ceti conducevano con il controllo di ogni dato, dai matrimoni, ai ruoli, alle imposte, ai ricoveri in ospedale e così via per avere un’idea di ciò che succedeva.

Ebbene rileggendo ciò che hanno ricostruito ci avviciniamo ogni giorno di più a quei modelli medievali.

Brian Pullan illustre professore di storia moderna che ha scritto diversi libri sugli ultimi, analizzando il periodo a cavallo del XV° e XVI° secolo, approda ad una definizione multipla della povertà pensata in termini di tre cerchi concentrici di persone bisognose definite con crescente generosità.

A partire dall’interno il primo cerchio, il  più ristretto è quello dei poveri strutturali, ossia delle persone inabili, perpetuamente assistite, i ricoverati negli ospedali, gli orfani, gli invalidi le famiglie miserabili soccorse con razioni di pane a domicilio o ridotte a rango di mendicanti a tempo pieno.

Un secondo cerchio comprende invece un corpo molto più esteso di individui che ricevevano elemosine solo occasionalmente definiti “indigenti” o “ poveri della crisi” o in contrapposizione ai poveri strutturali, poveri “congiunturali”.

A costoro in realtà bastava molto poco per piombare nel baratro del primo cerchio: una malattia, un incidente sul lavoro, la morte del capofamiglia, una nascita indesiderata, un’improvvisa fluttuazione del prezzo dei beni di prima necessità, una carestia, un’epidemia e la povertà diventava irrimediabilmente perpetua.

L’indigenza insomma era la condizione di coloro che essendo privi di proprietà erano nello stesso tempo o inabili al lavoro o inabili anche con il lavoro a procurarsi i beni dei quali avevano necessità.

Il terzo cerchio infine abbraccia tutti coloro che erano poveri ma non indigenti: artigiani, impiegati di rango inferiore, piccoli rivenditori agli inizi della loro carriera con i loro dipendenti, in poche parole tutti coloro i quali venivano definiti poveri per il solo fatto di essere costretti a ricorrere al lavoro per avere una sussistenza, e per i quali, seppure con riserve maggiori rispetto ai “poveri della crisi” non esistevano comunque sicurezze oggettive contro lo spauracchio della miseria definitiva.

Ci sono altri interessanti tesi per circoscrivere la povertà come quelle di Fernand Braudel e Jean-Pierre Sosson che si basano sulla quantità di ore lavoro per acquistare una data quantità di grano e altre ma a me piace molto la definizione di Pullan perchè molto schematica e di facile comprensione.

Tra il Cinquecento ed il Settecento i poveri strutturali nella maggior parte delle città europee oscillavano tra il 4 e l’8%; i congiunturali erano di gran lunga superiori, intorno al 20% e degli appartenenti al terzo cerchio, in momenti di crisi arrivavano a scendere sotto la soglia della povertà fino al 50/70% di essi.

Insomma ancora in pieno Seicento, all’epoca del Re Sole, il 40% dei francesi e quasi il 50% degli inglesi erano ancora sotto la soglia della povertà.

Tornando al discorso contemporaneo di “povertà”, ovviamente ci troviamo di fronte ad un  paradigma caritativo-assistenziale immensamente modificato, ma quello che sta avvenendo in Italia ed in Europa, in questi mesi, ci riporta per certi versi all’analogo rinnovamento cinquecentesco.

Infatti, a partire dal 1500 molte città europee, da Norimberga a Strasburgo, dai Paesi Bassi a Grenoble, Parigi organizzarono l’assistenza centrando gli aiuti sotto il controllo dell’autorità Municipale sulla scia dei precetti contenuti nel De Subventione Pauperum, pubblicato da J. L. Vives a Bruges nel 1526, tutte le riforme urbane indipendentemente dalla loro efficacia, dalla loro durata facevano comunque ricorso allo stesso arsenale di provvedimenti: proteggere l’ordine pubblico, compilare elenchi di miserabili, espellere nella maggior parte “soprattutto stranieri”,  vagabondi, selezionare e contrassegnare con un marchio i residenti meritevoli di aiuto, obbligare al lavoro i mendicanti validi, sottrarre all’amministrazione ecclesiastica tutte le istituzioni caritative e ospedaliere e accentrarle sotto la sorveglianza dell’autorità comunali, garantire il finanziamento dei soccorsi, imporre speciali tasse per il loro finanziamento. Il processo innescato dalle riforme cittadine andò di pari passo con l’emissione di nuove legislazioni statali che, in tutta Europa, ridisegnarono la mappa delle colpe e delle sanzioni collegate al vagabondaggio e alla mendicità.

In generale, le repressioni minacciavano non solo gli accattoni che girovagavano fuori dalle loro zone natie o quelli che questuavano pubblicamente senza permesso, ma anche coloro che elargivano elemosine ai medesimi.

Le sentenze del Parlamento parigino del 1535 combinavano addirittura la pena di morte per tutti i mendicanti validi che non si fossero presentati spontaneamente per i lavori di pubblica utilità oltre che per gli stranieri sorpresi a elemosinare in città; per i finti storpi e gli impostori di ogni genere era prevista la frusta il bando e, in caso di recidiva, i lavori forzati, mentre i “benefattori” colti ad offrire denaro ai mendicanti venivano puniti con ammende pecuniarie.

Il controllo diretto si dimostrò subito efficace: la comunità, obbligatoriamente tassata, si rifiutava infatti di pagare per i propri membri non meritevoli quindi venivano espulsi i forestieri, tutti i mendicanti abili vennero dichiarati passibili di fustigazione o di morte, mentre chi avesse fatto loro la carità privatamente sarebbe stato punito con ammenda pecuniaria; le elemosine infatti dovevano essere versate direttamente alle persone responsabili, gli “overseer of the poor”  che avrebbero provveduto a soccorrere i meritevoli e i malati e ad assegnare il lavoro ai poveri sani.

Tutti gli uomini, le donne, i ragazzi e persino i bambini maggiori di 5 anni purché validi erano obbligati con la forza a consegnarsi come servi, operai, lavoranti artigiani o personale di fatica.

Riguardo alla discriminante costituita dallo stato di salute, il criterio di valutazione sulle condizioni di effettiva abilità dei poveri era ovviamente piuttosto rigido, in altre parole, quasi tutti venivano dichiarati abili al lavoro, parliamo almeno di un 70/75%.

L’obiettivo di queste nuove istituzioni che si espansero per tutta Europa era quello di svolgere funzioni repressive conformemente alle leggi per impedire la mendicità in pubblico combattere il vagabondaggio evitare l’ozio e controllare l’immigrazione in città escludendo l’affluenza dei mendicanti.

A tale scopo fu creata a Lione, ad esempio, una specie di milizia privata composta da 6 Fanti soprannominati “Accalappia Vagabondi” costoro con l’aiuto della maréchaussée cittadina, dovevano mantenere l’ordine durante la distribuzione delle elemosine, arrestare gli accattoni occasionali e condurre incatenati ai lavori forzati mendicanti recidivi destinati a scavare pozzi, costruire strade, mura e torri.

Fortunatamente, in men che non si dica, l’ostilità dei cittadini nei confronti dei gendarmi della miseria, così furono chiamati, fu violenta; numerosissimi risultano infatti i casi in cui la folla inferocita si schierò dalla parte dei poveracci arrestati, strappandoli dalle mani dei fanti e mal menando persino questi ultimi.

Questo è un indicatore significativo del fatto che la vittoria della nuova politica sociale e il cambiamento del concetto di carità nelle èlites intellettuali e sociali non significassero ancora un mutamento di atteggiamento socio psicologico della massa.

Il Cardinale di Richelieu riassumeva così la situazione:” In considerazione del fatto che molti vagabondi e fannulloni, anziché occuparsi, come possono e devono, a guadagnarsi da vivere, si danno alla questua e alla mendicità, togliendo il pane ai poveri bisognosi agli invalidi ai quali è dovuto, disturbano gli abitanti delle città e privano la società dei vantaggi che potrebbe ricevere dal loro lavoro, vogliamo che in tutte le città del nostro regno venga stabilito per i poveri un ordine e una disciplina, in modo che non solo quelli della detta città, ma anche quelli dei luoghi circonvicini vi siano internati e nutriti, e quelli validi impiegati in opere pubbliche”.

I mendicanti fermati se malati venivano mandati in ospedale, appena guariti venivano frustati e inviati a lavorare 14 ore al giorno insieme a quelli sani ed erano sottoposti al controllo delle guardie penitenziarie.

In realtà l’obiettivo iniziale di internare solo i mendicanti veniva ben presto superato dagli eventi, la forte crisi del mercato del lavoro procurò infatti l’ingresso nel carcere di un cospicuo numero di lavoratori disoccupati.

Questo causò un ulteriore giro di vite, la disciplina e la lotta al parassitismo fu inflessibile per ogni categoria di detenuti.

Se un ospite della casa contravveniva alle regole o si rifiutava di lavorare veniva infatti munito di un sifone e rinchiuso in un sotterraneo che si riempiva lentamente d’acqua, per salvarsi dall’annegamento il recluso doveva pompare via senza sosta il liquido dal locale, gli amministratori ritenevano che questo fosse un metodo efficace per combattere l’indisciplina, sconfiggere la pigrizia e far prendere l’abitudine al lavoro.

Evito di tediare il lettore con l’analisi dei secoli a venire, penso che quanto descritto basti per aprire gli occhi su quello che il Decreto Sicurezza in Italia ed altre leggi fatte ad hoc in giro per l’Europa può portare.

Il fenomeno della migrazione come degli indigenti in generale è molto complesso ma certamente non può essere risolto con la disumanizzazione della società!

ELO

Riferimenti bibliografici:

M. BARBAGLI, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo, Il Mulino 1984

J. BARRY, C. JONES  Medicine and charity before the welfare state, Routeledge 1991

B. GEREMEK, La reclusione dei poveri in Italia  secoli XVI° e XVII° Toulose 1972

B. GEREMEK, Mendicanti e miserabili nell’Europa moderna (1350-1600) Istituto dell’Enciclopedia Italiana 1985

B. GEREMEK, La pietà e la forca Laterza 1986

B. GEREMEK, Uomini senza padrone Einaudi 1992

B. PULLAN, Rich and poor in Renaissence Venice  Oxford 1971

B. PULLAN, Poveri mendicanti e vagabondi (secoli XIV°- XVII°) Dal feudalesimo al capitalismo Einaudi 1978

 

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